Si chiama Smart-Plant il progetto di ristrutturazione degli impianti di depurazione esistenti con tecnologie innovative, che consentono il recupero di materia rinnovabile (cellulosa, biopolimeri, fertilizzanti, acqua) e la successiva lavorazione di questi materiali fino alla produzione di beni di consumo recuperati. Il progetto, acronimo di “Scale-up of low-carbon footprint MAterial Recovery Techniques for upgrading existing wastewater treatment Plants”, è stato selezionato tra 174 proposte che la Comunità europea finanzia in ambito Horizon 2020, il più prestigioso programma europeo di finanziamento di Ricerca, sviluppo ed innovazione. Il progetto coinvolge 25 partner europei (17 piccole e grandi aziende, di cui 7 water utilities, oltre a 8 Università e Centri di Ricerca) ed è coordinato dall’Università di Verona. Oltre all’Italia, a Smart-Plant partecipano Paesi come Spagna, Germania, Olanda, Inghilterra, Grecia, Portogallo, e Paesi extra-UE come Norvegia, Svizzera e Israele.
Le attività saranno condotte misurando sperimentalmente le emissioni di gas serra e l’impatto ambientale, la percezione e partecipazione sociale, e le ricadute economiche, in un’ottica di economia circolare e recupero sostenibile, che supera il tradizionale concetto di “produzione-smaltimento”.