Come ha rilevato il recente dossier “La tavola degli inganni” di Coldiretti, sei prodotti alimentari italiani su 10 tra quelli in vendita sul mercato internazionale sono il risultato dell’agropirateria che sul falso made in Italy fattura 60 miliardi di euro nel mondo. Si tratta del cosiddetto Italian sounding: quel fenomeno che consiste nell’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia in prodotti che però di Made in Italy non hanno proprio nulla. Una pratica che – come ha evidenziato Coldiretti – colpisce soprattutto i formaggi (con in testa alla classifica il parmigiano reggiano, il grana padano, la mozzarella, il provolone, il gorgonzola, il pecorino romano, l’asiago e la fontina) e i salumi più prestigiosi come il prosciutto San Daniele e la mortadella. Ma che non risparmia nemmeno l’olio extravergine di oliva, le conserve, i prodotti ortofrutticoli (come il pomodoro San Marzano) e la pasta di grano duro. La maggior parte delle imitazioni si concentra dall’altra parte dell’Oceano Atlantico. Stati Uniti – in testa alla classifica – e Sud America sono infatti tra i Paesi che più di tutti producono e commercializzano falsi made in Italy. Ma si tratta di una pratica diffusa anche in Australia, Canada, Sud America, Thailandia, Corea, Russia e, persino, tra i Paesi dell’Unione Europea. Coldiretti ha, infatti, rilevato parecchi prodotti contraffatti anche in Germania, Paesi Bassi, Croazia, Ungheria, Spagna e Romania, nonostante la protezione comunitaria dei prodotti italiani Dop e Igp.