“Uno degli interrogativi fondamentali del mondo contemporaneo è il seguente: perché il supplì, una delle squisitezze impareggiabili dell’umanità, non riesce a scavalcare i confini di Roma?” chiede con ironia Pierluigi Battista su Il Corriere della Sera. “Perché il supplì non è capace di oltrepassare il sacro GRA? Gli arancini hanno il brand Sicilia. Le crocchette sono entrare addirittura nel menu dei fast food. Il fritto furoreggia ad Est e ad Ovest, nelle città italiane si aprono fritto-bar dove si possono portare via pacchi di arancini e olive ascolane. A Roma c’è addirittura una catena chiamata “Mondo arancina”.E il supplì, invece? Inspiegabilmente, il favoloso supplì è il paria nel mondo dei fritti. Quel meraviglioso concentrato di riso a volte bianco a volte rosso, con l’impasto fatto manualmente a polpetta, con un pezzo di mozzarellina incastonata che al calore diventa prelibatezza filamentosa, questo prodigio della gastronomia italica perché, per esempio, non è riuscito a sfondare a Milano, dove intere zone ne sono totalmente sprovviste, con grave nocumento alla felicità pubblica? C’era un giovane intraprendente che addirittura voleva esportare il supplì, specialità italianissima, sulle strade di New York. Proprio sulle strade, come i chioschi e i carretti dove vendono gli hot dog. Ma niente, ci ha rinunciato. In America la pizza “spacca”, il supplì si affloscia. Perché? Avete mai provato i supplì di Piazza Euclide? Sono troppo cari, è vero. Ma nella vita c’è un prima e un dopo: prima del supplì a Piazza Euclide e un dopo il supplì a Piazza Euclide. Oppure in un angolo di via Cola di Rienzo: si chiama Franchi, e resistere ai suoi supplì è praticamente impossibile. Eppure il supplì non dilaga, non diventa abitudine quotidiana come il trancio di pizza, o uno snack al bar. Eppure la storia del supplì si intreccia inestricabilmente a quella della casta politica. C’è stato un periodo che giganteschi vassoi di supplì, esposti alla buvette di Montecitorio, venivano letteralmente saccheggiati dai deputati e dagli assistenti parlamentari (e dai giornalisti accreditati in Parlamento, con il silenzio complice dell’Ordine e della Fnsi) ma mai, mai e poi mai regolarmente pagati. La casta politica credeva, o fingeva di credere, che fossero gratis. I parlamentari venivano da ogni parte d’Italia e si abboffavano di quei supplì che non avrebbero trovato nelle rosticcerie delle loro città. Hanno dovuto chiudere il servizio, privando la casta dei supplì e i supplì di un rilancio nazionale. Ecco perché in Italia non sono capaci di fare le riforme: neanche la regolamentazione dei supplì sono capaci di attuare. Ora il supplì ha bisogno di un riscatto, di un soprassalto d’orgoglio. Non sanno cosa si perdono. Non sanno come sarebbe migliore la loro vita. Il partito del supplì: che aspettano a fondarlo (pagando le quote, non gratuitamente)?”