Rivieras, espadrillas pensate anche in italiano

Sono scarpe che riportano in grande tendenza un look old-fashioned…quello delle espadrillas di moda in Spagna in Costa Blanca, negli anni successivi alla seconda Guerra Mondiale. Stiamo parlando delle Rivieras, scarpa presentata al Pitti in tantissimi varianti di colore e fantasie e grande successo. Il primo investimento era stato di 1.500 euro a testa. La prima commessa, 200 pantofole. Così nacque nel 2008 Rivieras, marchio di calzature “slip-on” fabbricato in Spagna ma pensato in Francia, brand che prima ha conquistato le fashion victim e oggi sta raggiungendo milioni di consumatori. «Tutto è nato da un’idea molto semplice », raccontano i due fondatori, Dan Amzallag, anima creativa, e Fabrizio Corveddu, figura più imprenditoriale (foto a sinistra). «Durante l’estate, come tanti nostri amici eravamo alla ricerca di un’alternativa alle infradito, qualcosa che fosse bello e anche un po’ di tendenza. Sapevamo dell’esistenza di questo modello di pantofola fabbricato in Spagna, fino a quel momento indossato soltanto da persone dai 60 anni in su. A noi piacevano, certo, bisognava fare qualche modifica, ma la bellezza era tutta lì, davanti a noi». È grazie a quella semplice intuizione che i due tentano il salto. Il problema, però, è convincere le aziende spagnole a intraprendere una produzione seria. «Nessuna fabbrica ci voleva ascoltare. Abbiamo incontrato tantissimi produttori e abbiamo ricevuto solo porte in faccia. Fino alla persona giusta, quella che ha scelto di rischiare con noi». La commessa minima sono 10.000 pezzi. I due riescono a piazzarne 7.500. «Il business iniziava a prendere piede tra mille difficoltà. Ciò che ci ha dato impulso, almeno all’inizio, è stato un episodio successo a Parigi. Per la sfilata dell’inverno 2009, lo stilista francese Christophe Lemaire ci chiese un nostro modello. Successivamente l’abbiamo messo in vendita in una libreria nel centro della capitale francese. L’eco dell’operazione e il successo delle vendite ci convinsero da subito della validità del progetto. Con le nostre piccole ma importanti modifiche, quelle scarpe stavano davvero conquistando tutti i nostri amici, anche quelli più snob, anche quelli più lontani dalla moda». È così che Rivieras inizia a farsi strada: prima tra i bobos di Francia, per passaparola, poi tra gli Hypster di tutto il mondo, complice internet e le prime boutique importanti che le acquistano e le vendono in grandi quantità. «I primi ordini ci stupirono: Colette a Parigi, Dover Street Market a Tokyo e Londra, tutti i templi dello shopping mondiale richiedevano il nostro prodotto. A quel punto era arrivato il momento di fare sul serio e di impegnarci a 360 gradi». Il business cresce: arrivano i distributori esclusivi per Europa e Giappone più uno show-Room a New York. Il Giappone diventa il primo mercato, l’Asia performa in un modo brillante e continua a migliorare costantemente. Accanto ai modelli classici (il più venduto è quello blu e rosso, praticamente l’icona Rivieras) si affiancano nuove collezioni, nuovi colori e persino la linea bambino. I due non comunicano i dati di fatturato, ma a giudicare dalla presenza capillare, i risultati devono essere più che positivi. «Abbiamo appena aperto anche il canale internet di vendita online, su cui stiamo lavorando ancora. Al momento rappresenta circa il 5% del nostro giro d’affari». E il futuro? La consueta diversificazione con debutto nell’abbigliamento? «Niente di tutto questo. Non ci interessa snaturare il fascino, l’anima di Rivieras. Al momento, a Pitti Immagine Uomo abbiamo lanciato una linea di borse complementari alle nostre calzature. Nel futuro, però, non vediamo un abbigliamento a marchio Rivieras». (fonte: la Repubblica)

 

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