Per centinaia di migliaia di italiani il colesterolo alto non è solo una questione di stile di vita ma è una ‘condanna’ scritta nel Dna, ma solo pochi, meno dell’1%, lo sanno. Lo hanno sottolineato gli esperti al congresso della Società Europa di Cardiologia diBarcellona, presentando i risultati dei test su un nuovo farmaco che per la prima volta sembra riuscire ad abbassare i valori anche dove le terapie tradizionali falliscono. Il problema dell’ipercolesterolemia familiare, dovuta a un difetto genetico che si può ereditare da uno o entrambi i genitori, ha spiegato Alberto Zambon, ricercatore
dell’università di Padova e della Washington University di Seattle, potrebbe riguardare secondo alcuni studi una persona su 200. ”Per l’Italia significherebbe circa 200-250mila persone – ha sottolineato Zambon -. Chi ha questa malattia nella forma eterozigote ha un rischio altissimo di un evento cardiovascolare grave prima dei 60 anni se è uomo e prima dei 50 se è donna. Ancora peggio va a chi, circa uno su un milione, ha la forma omozigote, in cui il difetto genetico è ereditato da entrambi i genitori, che se non trattato muore prima dei 20 anni”. In Italia e in molti altri paesi meno dell’1% dei pazienti viene identificato, anche se le società scientifiche hanno varato uno screening che porterà all’istituzione di un registro nazionale.” Il basso numero di pazienti trovati è dovuto anche al fatto che si pensa che sia necessario un test genetico, ma non è così – continua Zambon – in realtà è stato messo a punto un questionario , già entrato nelle linee guida della società europea di Cardiologia, che con alcune domande sulla storia familiare, su quella del paziente stesso e sulla base dei valori di colesterolo può permettere già al medico di base l’identificazione”. Fino a questo momento solo il 20% dei pazienti riesce a tenere sotto controllo i valori con i farmaci tradizionali. Al congresso sono stati presentati i risultati di diversi test di fase 3 di Alirocumab, un anticorpo monoclonale messo a punto dalla francese Sanofi con l’americana Regeneron che testato su 738 pazienti con ipercolesterolemia familiare in associazione alle statine è riuscito a dimezzare i valori di colesterolo in circa il 70-80% dei pazienti senza effetti collaterali gravi. ”Questo farmaco agisce su una proteina che degrada i recettori ‘spazzini’ del colesterolo nel sangue – ha spiegato Claudio Borghi, ordinario di medicina interna dell’Università di Bologna – e lavora in sinergia con le statine e le altre terapie”. Risultati simili in termini di riduzione del colesterolo, hanno dimostrato altri due test presentati al congresso, sono stati ottenuti anche su pazienti che non avevano ipercolesterolemia familiare, ma che comunque sono ad alto rischio di eventi cardiovascolari perchè non riescono a controllare i valori con i farmaci tradizionali. Per verificare gli effetti sulla riduzione del rischio di eventi gravi è in corso un grande test su 18mila pazienti a cui partecipa anche l’Italia con 40 centri. ”Se si dimostrerà che la terapia funziona su tutti gli ipercolesterolemici – ha affermato Borghi – si potrebbe intervenire su una fetta considerevole dei pazienti nelle terapie intensive”. L’iter di registrazione di Alirocumab inizierà alla fine di quest’anno, con l’arrivo in Italia possibile all’inizio del 2017. Nel frattempo, ha annunciato Il direttore medico-scientifico di Sanofi Italia Marco Scafigna, l’azienda ha intenzione di supportare il progetto di screening con un grant incondizionato.