Il 9 Marzo 1955 debuttava a Ginevra la Fiat 600, l’utilitaria torinese destinata a “mettere gli Italiani in automobile”. Un’autentica icona non solo del mondo delle quattro ruote, bensì un simbolo dell’Italia del boom economico, che cambiò radicalmente il modo di vivere e le abitudini degli Italiani. Quando uscì di produzione nel 1969, poco prima di raggiungere i 5 milioni di unità prodotte, oltre la metà delle 600 prodotte erano state costruite in Italia, quasi altrettante furono prodotte anche con marchi differenti in Spagna, Germania, Jugoslavia, Argentina e Cile. Un successo globale.Esternamente compatta, ma in grado di trasportare 4 persone e una ragionevole quantità di bagagli, equipaggiata con un nuovo 4 cilindri di 633 cc che le permetteva di sfiorare i 100 km/h, ma soprattutto alla portata di molte tasche (prezzo di listino, 590.000 Lire), la Fiat 600 era una via di mezzo tra una super utilitaria come la Topolino C, che cominciava ormai a mostrare i segni del tempo, e la nuova 1100-103, che si rivolgeva ad una clientela più abbiente. E questa fu la fortuna della 600: a pochi mesi dal lancio, i tempi di consegna superavano spesso i dodici mesi! Era anche la conseguenza di un grande lavoro mediatico. Basti pensare che, in occasione della presentazione della 600, la RAI, che all’epoca non trasmetteva ancora pubblicità, mandò in onda un cortometraggio preparato di Cinefiat su quella nuova automobile, così diversa da quelle tradizionali. Bisogna infatti tenere presente che all’epoca la sistemazione del motore nella parte posteriore della vettura suscitava ancora qualche perplessità tra la gente comune, convinta che senza il peso del propulsore a gravare sull’avantreno, un’auto non avesse la necessaria tenuta di strada. Altri tempi! Dalla sua parte il progettista Dante Giacosa aveva l’esperienza maturata qualche anno prima con la Cisitalia, per la quale aveva realizzato una piccola vettura da corsa a motore posteriore, e l’innegabile successo della soluzione “tutto-dietro” che Volkswagen e Renault avevano avuto modo di sperimentare con il Maggiolino e con la 4CV.
E poi c’erano le perplessità del pubblico sull’efficienza del sistema di raffreddamento. Se il radiatore non era direttamente investito dall’aria, come poteva raffreddare adeguatamente l’acqua nel circuito di raffreddamento? Semplice: calettando sulla pompa dell’acqua un ventilatore che spingeva l’aria contromarcia ovvero da dietro in avanti. Ad avvalorare erroneamente le preoccupazioni dell’uomo della strada circa le difficoltà di raffreddamento della Fiat 600 contribuirono senza volerlo le peraltro fortunate versioni sportive realizzate all’epoca dall’Abarth con motori maggiorati a 750 cc, 850 cc e 1.000 cc. Queste venivano proposte con il cofano motore sollevato non per favorire il raffreddamento del propulsore, come si era comunemente portati a credere, bensì per utilizzando come uno spoiler destinato a migliorare l’aderenza delle ruote posteriori motrici. E poiché allora come oggi l’immagine sportiva ha sempre successo, aprire il cofano motore divenne ben presto una moda dilagante, specialmente tra i clienti più giovani che volevano dare una connotazione più “corsaiola” alla loro 600. La proverbiale affidabilità e parsimonia del motore della Fiat 600, uno dei migliori propulsori progettati a Mirafiori, fecero di questo 4 cilindri la base dei propulsori poi adottati su Multipla, 850, 127, Panda, Uno, per non parlare dell’Autobianchi A112 e delle Seat Ibiza e Marbella. (fonte: la Repubblica)