Il 3 gennaio 1954, dopo un ventennio di esperimenti, iniziavano le trasmissioni televisive della Rai Radio Televisione Italiana. Un unico canale che inizialmente era possibile vedere solo in Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria e Lazio. Ma già alla fine del 1954 il 48% della popolazione poteva accedere alle trasmissioni. Popolazione che all’epoca per il 13% era ancora analfabeta e vedeva solo un quinto parlare correntemente l’italiano, con il 40% composto da agricoltori. Nel 1961, sette anni dopo, la Rai poteva essere vista dal 97% degli italiani. Dai 24mila abbonamenti del 1954 si passò ad oltre 6 milioni nel 1965. E il 3 gennaio 2004 iniziarono ufficialmente le trasmissioni televisive con tecnologia digitale terrestre.
Tornando ai giorni nostri e alla Rai di oggi, come scriveva Milena Gabanelli su Il Corriere della Sera: “Privatizzare la Rai è un tema ricorrente. Nessun paese europeo pensa di vendersi il servizio pubblico perché è un cardine della democrazia non sacrificabile. In nessun paese europeo però ci sono 25 sedi locali: Potenza, Perugia, Catanzaro, Ancona. In Sicilia ce ne sono addirittura due, a Palermo e a Catania, ma anche in Veneto c’è una sede a Venezia e una a Verona, in Trentino Alto Adige una a Trento e una a Bolzano. La Rai di Genova sta dentro ad un grattacielo di 12 piani…ma ne occupano a malapena 3. A Cagliari invece l’edificio è fatiscente con problemi di incolumità per i dipendenti. Poi ci sono i Centri di Produzione che non producono nulla, come quelli di Palermo e Firenze. A cosa servono 25 sedi? A produrre tre tg regionali al giorno, con prevalenza di servizi sulle sagre, assessori che inaugurano mostre, qualche fatto di cronaca. L’edizione di mezzanotte, che è una ribattuta, costa 4 milioni l’anno solo di personale. Perché non cominciare a razionalizzare? Se informazione locale deve essere, facciamola sul serio, con piccoli nuclei, utilizzando agili collaboratori sul posto in caso di eventi o calamità, e in sinergia con Rai news 24. Non si farà fatica, con tutte le scuole di giornalismo che sfornano ogni anno qualche centinaio di giornalisti! Vogliamo cominciare da lì nel 2014? O ci dobbiamo attendere presidenti di Regione che si imbavagliano davanti a Viale Mazzini per chiedere la testa del direttore di turno che ha avuto la malaugurata idea di fare il suo mestiere? È probabile, visto che la maggior parte di quelle 25 sedi serve a garantire un microfono aperto ai politici locali”.