Montaigne, gli illuministi, «l’adorabile Stendhal» e poi i Nouveaux philosophes … Si parla sempre del legame di Leonardo Sciascia con la Francia, ma primo amore fu la Spagna. «Un primo amore intenso e disperato» lo definiva ripercorrendo d’un brivido la toponomastica della Guerra civile: «Brunete, Guadalajara, Teruel, l’Ebro, Somosierra, la Città Universitaria» di Madrid, «nomi e luoghi che ancora mi danno emozione» scriveva in uno dei testi raccolti col titolo Ore di Spagna e ora ripubblicati da Contrasto con le foto di Ferdinando Scianna e una nota di Natale Tedesco – ma purtroppo senza la sua bellissima introduzione che apriva la precedente edizione uscita da Bompiani. «Avevo sedici anni quando la guerra è cominciata» ricordava Sciascia, «e la credevo, dalla parte del Generale Franco, di Mussolini, del fascismo, giustissima». Presto avrebbe cambiato idea. Come lo zolfataro del racconto L’antimonio (1958) che si arruola volontario per la crociata anticomunista in Spagna e ne ritorna con la lucidità della disillusione. Della tragedia spagnola Sciascia ha «un’esperienza ideale e libresca» che, per sua stessa ammissione, diverrà una specie di tarlo feticistico: «Allineati in uno scaffale… tutti i libri che riguardano quell’avvenimento… tutte le storie di quella guerra, gli opuscoli allora pubblicati e che sono riuscito a trovare, i manifestini, le cartoline di propaganda». «Avevo la Spagna nel cuore e l’ho ancora». Come altri della sua generazione, Sciascia scopre quindi la Spagna attraverso il suicidio della Spagna, la guerra civile lo conduce ai grandi poeti «del ‘27»: Lorca, Salinas, Guillén, Alberti, Cernuda, e poi tutto il resto del pantheon letterario e filosofico: Machado, Baltasar Gracián, Ortega, Unamuno, Américo Castro, e naturalmente Cervantes, a cui nell’84 Sciascia dedica un testo che dovrebbe essere letto nelle scuole, ma dagli insegnanti. Il tema è la lettura come gioia… (fonte: la Repubblica)