L’Italia è il secondo produttore mondiale di pomodoro industriale fresco (preceduta solo dalla California (Stati Uniti) con 12,2 milioni di tonnellate), anche se questa posizione è oggi insidiata dalla Cina (leggi qui) . Nel 2013 ne ha prodotto 4 milioni di tonnellate, mentre la Cina circa 3,8 milioni, ma con un trend di crescita che lascia prevedere che nel 2014 possa ritornare a superare la quota di 5 milioni dopo un periodo di declino. Nella classifica mondiale dei principali produttori alle spalle dell’Italia troviamo Turchia, Spagna, Iran, Brasile e Portogallo (fonte: World Processing Tomato Council, 2014). La filiera italiana del pomodoro è autosufficiente – assieme a quella del riso, del vino, della frutta fresca, delle uova e del pollo – e dunque non è necessario importare materia prima dall’estero. Dall’estero arrivano, invece, i prodotti trasformati del pomodoro, anche se in calo di oltre l’8 per cento nel 2013 rispetto all’anno precedente. L’export risulta in crescita del 7,4 per cento in quantità e altrettanto in valore (fonte: Istat), con la Germania che si conferma principale destinazione del prodotto trasformato: pelati, polpe, passate, concentrati e succhi. Nel mondo la produzione di pomodoro da industria ha conosciuto negli ultimi cinque anni una decrescita continua, passando dai 42,3 milioni di tonnellate del 2009 ai 33,2 del 2013. Diverso il trend dei consumi mondiali che si stima dovrebbero assestarsi a 38 milioni, la quantità di produzione prevista per il 2014 in base alle prime indicazioni. Nel 2013 l’Italia ha esportato trasformati di pomodoro per un valore poco meno di un miliardo e mezzo di euro, contribuendo a recuperare parte del deficit strutturale della bilancia agroalimentare. (fonte: la Repubblica Osserva Italia)