Avv.italiani: l’83% ha ottenuto il titolo in Spagna

Sconcertanti i dati diffusi dal Cnf, il Consiglio nazionale forense: circa il 92% degli avvocati iscritti all’albo di quelli stabiliti è di nazionalità italiana ma l’83% ha conseguito il titolo in Spagna e il 4% in Romania. Che sia una pratica per dribblare il duro esame di abilitazione nazionale è, ormai, fuori discussione. Ma altrettanto chiaro è che, così facendo, si finisce per falsare la corretta concorrenza tra avvocati nei Paesi UE e danneggiare quei giovani praticanti che mirano a ottenere il titolo senza scorciatoie. E della questione è stata investita anche la Corte di Giustizia delle Comunità Europee. L’obiettivo è alla luce del sole: ottenere il titolo… aggirando l’ostacolo! Come? Basta una laurea in giurisprudenza in Italia, l’ottenimento del titolo di Abogado in Spagna e, tornando in Italia, l’iscrizione automatica all’elenco speciale degli avvocati stabiliti. Ma, così facendo, l’elusione della disciplina interna è palese e la Direttiva comunitaria c.d. “di stabilimento” (Direttiva 98/5/Ce, recepita in Italia con il d. lgs. n. 96/2001) diventa, paradossalmente, un’arma a doppio taglio: da strumento per promuovere la libera circolazione degli avvocati europei a mezzo utilizzato da tanti aspiranti avvocati italiani per sottrarsi all’esame necessario per il titolo abilitativo all’esercizio della professione forense. “È evidente – spiega Andrea Mascherin, consigliere segretario del Cnf – che queste pratiche falsano la corretta concorrenza tra avvocati nei paesi UE, ma soprattutto mettono a rischio i diritti dei cittadini che si affidano a questi professionisti per la loro tutela», svantaggiando i giovani praticanti che seguono, con fatica e sacrifici, l’iter istituzionale”. Già nel 2011 era stato presentato un esposto all’autorità Antitrust per ottenere l’interruzione di quelle promozioni via internet che millantano risultati immediati con messaggi ingannevoli (del tipo “avvocato senza esame!”) e ad alti costi. (fonte: www.dirittoegiustizia.it )

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