Sono le micro, piccole e medie imprese a trainare l’export italiano. A certificarlo è “Entrepreunership at a Glance 2015”, il rapporto annuale sull’imprenditoria realizzato dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, 34 Paesi associati che si riconoscono nella democrazia e l’economia di mercato, con un centro studi a Parigi tra i più accreditati al mondo. Nell’edizione 2015 la ricerca dell’Ocse dedica un focus proprio al rapporto tra commercio internazionale e universo delle Pmi, dal quale scaturiscono i primati delle piccole e medie imprese italiane. Dal rapporto emerge che la quota di export assicurata dalle cento imprese maggiori in Italia è la più bassa dell’Ocse. Supera di pochissimo il 25 per cento (per la precisione tocca il 25,16 per cento), molto lontana non solo dal podio, occupato da Lussemburgo, Irlanda e Finlandia nell’ordine, ma anche dalla media, superiore al 50 per cento, e dai Paesi più vicini all’Italia per economia e popolazione. Nel Regno Unito questa quota sfiora il 45 per cento, in Turchia supera il 40, in Germania tocca il 39, in Francia e in Spagna è al 38, in Polonia poco sotto il 35 per cento. Le micro e piccole industrie italiane esportatrici, invece, si piazzano ai vertici delle rispettive classifiche. La quota delle micro-imprese italiane (fino a nove addetti) che vendono all’estero supera il 50 per cento del totale nazionale, dietro Slovenia, Estonia, Svezia, Irlanda, Ungheria e Belgio nell’ordine.