Disinnescare la reazione immunitaria al trapianto grazie ad un «gene suicida». La nuova tecnica è stata messa a punto dai ricercatori dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù e ridurrebbe a zero il rischio di mortalità nei bambini, affetti da difetti congeniti del sistema immunitario (anemia falciforme, talassemia e leucemia) che necessitano, in assenza di un donatore compatibile, del trapianto di midollo da uno dei genitori. I risultati dello studio multicentrico che ha coinvolto gli Stati Uniti assieme a Italia, Gran Bretagna e Spagna per un totale di 98 pazienti di cui 61 europei, sono stati presentati al Congresso europeo di ematologia che si è svolto a Madrid. L’età media dei pazienti è di 4-8 anni, il più piccolo ha solo tre mesi, quello più grande 18 anni. Dopo sei mesi di follow-up, i ricercatori hanno visto che il tasso di mortalità per cause legate al trapianto è bassissimo: 5% nel gruppo totale e 0% in quelli europei. «La sperimentazione», ha spiegato Mattia Algeri, giovane pediatra che lavora sotto la guida del professor Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, «ha dimostrato un’efficacia del 100% e ci aspettiamo che le cellule del donatore modificato con il gene suicida, oltre ad abbattere la possibilità di infezione, possano nei pazienti leucemici ridurre il rischio che la malattia si ripresenti».