La propulsione a gas per navi, traghetti e persino unità da diporto è considerata dagli operatori del settore marittimo come la strada da seguire, nell’immediato futuro, per risolvere i problemi ambientali e di costi legati ai carburanti tradizionali. Ma i porti italiani sono indietro nella realizzazione di infrastrutture per stoccare sia Gpl (Gas di petrolio liquefatto), più adatto a piccole navi da pesca o unità di diporto, che Gnl (o Lng: gas naturale liquefatto), ritenuto la soluzione ideale per traghetti e unità più grandi. A rimarcare l’arretratezza dell’Italia in questo campo è Paolo Dal Lago (foto a destra), alla
guida di Assogasliquidi, l’associazione di Federchimica che rappresenta le aziende che distribuiscono Gpl e Gnl. Dal Lago ha partecipato alla due giorni congressuale a Genova di Aegpl, l’associazione europea delle imprese del settore. Si tratta del più importante appuntamento per l’industria Ue del Gpl. L’Italia è stata tra i primi Paesi europei a introdurre il gas di petrolio come carburante per auto. Diverso però il discorso per il settore marittimo, dove la situazione è tutt’altro che rosea e due differenti tavoli ministeriali, uno (per il Gpl) già chiuso e un altro (per il Gnl) aperto all’inizio dell’anno, non hanno dato, finora, frutti tangibili. Tutto questo nonostante la direzione generale Mobilità e trasporti dell’Ue abbia avviato la strategia denominata “Clean power for transport – Alternative fuels for sustainable mobility in Europe”, sfociata nella direttiva “On the deployment of alternative fuels infrastructure” che, in riferimento al comparto marittimo, prevede la realizzazione di una rete di distribuzione del gas naturale nei principali porti europei. Entro il 31 dicembre 2025 gli Stati membri dovrebbero avere “un numero adeguato di punti di rifornimento nei porti per consentire la navigazione interna e marittima su tutta la rete centrale Ten-T“. “Il mercato c’è – spiega Dal Lago – l’interesse anche, gli investitori ci sono; mancano gli impianti per avere il prodotto liquido a terra”. Impianti che potrebbero essere destinati sia al rifornimento di navi con propulsione a Gnl, sia al riempimento di autobotti per trasportare il gas, sempre in forma liquida anche all’interno del Paese. L’Italia, in sostanza, ha ritenuto che le indicazioni dell’Ue in materia di gas liquidi fossero insufficienti a individuare come certificare i soggetti che operano nel settore, ma i tavoli ministeriali non sono ancora riusciti a ovviare al problema. Addirittura, a Venezia, è stato costruito da Eni un impianto di rifornimento di Gpl per uso nautico che è rimasto inutilizzato, nonostante l’uso di imbarcazioni con quella propulsione aiuterebbe grandemente ad abbattere l’inquinamento in laguna. “Per ricevere il Gpl – dice Dal Lago – ci sono tre attracchi attrezzati in Italia: negli scali di Livorno, Napoli e Brindisi, che però hanno difficoltà ad accogliere grandi navi; mentre per il Gnl non ce ne sono. Il porto di Livorno ha un progetto per un’infrastruttura di stoccaggio, (già prevista nel piano regolatore portuale, ndr) che potrebbe essere rifornita con gas proveniente rigassificatore Olt offshore. Ma per ora tutto è fermo. Assogasliquidi, inoltre, è stata contattata da diverse Autorità portuali sia dell’Adriatico che del Tirreno che vorrebbero attrezzarsi per il Gnl. E anche Confitarma sta lavorando per favorire la realizzazione di stazioni di Gnl per il bunkeraggio”. Insomma, l’Italia in questo campo appare ferma al palo, mentre Francia e Spagna hanno già infrastrutture portuali di stoccaggio e gli scali di Barcellona e Malta sono in fase avanzata per la realizzazione di impianti di bunkeraggio per le navi a Gnl. Impianti simili a quelli già funzionanti in Svezia (a Stoccolma) e in alcuni porti scandinavi. (fonte: Il Sole 24 Ore)