È partito contro l’Italia l’iter per la procedura di infrazione per la violazione della direttiva Ue sui tempi di pagamento, che obbliga ogni Pubblica amministrazione a pagare entro un mese (60 giorni per le Asl e per casi specifici). La nostra Pa si conferma il peggiore pagatore in Europa: ci mette almeno 6-7 mesi per saldare le sue fatture – contro i 30 giorni che ci ha imposto l’Ue – e a volte supera abbondantemente i mille giorni, imponendo in alcuni casi alle imprese anche clausole “illegali” come la rinuncia agli interessi di mora. Adesso l’Italia avrà 5 settimane di tempo per rispondere alle contestazioni sul mancato rispetto delle norme europee (sul cui recepimento invece sembrano appianati tutti i nodi dei mesi scorsi). E se la risposta del nostro Governo non sarà soddisfacente si procederà con la messa in mora, il primo step ufficiale della procedura d’infrazione. Che potrà tradursi, alla fine del suo iter, nell’obbligo di pagare una multa. Un costo, questo della sanzione Ue, a cui si deve aggiungere quello più salato – previsto dal Dlgs 231/2012 che ha recepito la direttiva – che obbliga ogni Pa ritardataria a sborsare l’8,25% di interessi di mora sulle sue fatture: questo significa che
il conto finale rischia di lievitare fino a raggiungere, secondo prime stime, i 3-4 miliardi di spesa in più in un anno. L’Italia è al momento l’unico Paese sottoposto a una procedura d’infrazione sull’applicazione della direttiva (contro altri Paesi è finito nel mirino il recepimento delle norme come per Germania e Belgio, contro i quali l’Ue ha comunque chiuso la procedura). Il nostro Paese resta il peggior pagatore, seguito da Grecia e Spagna (159 e 155 giorni). L’Austria è la più virtuosa (solo 13 giorni) mentre la media Ue è di 61 giorni. (fonte: Il Sole 24 Ore)