“Con l’Auditel i dirigenti sono diventati contabili, come in un’azienda di saponette, e lo dice un “non comunista”, filo mercato, filo liberale. C’è un depauperamento della vena artistica. Per fare un film chiedono solo: quanto può incassare? Zavattini non si
faceva la domanda”. Così Renzo Arbore commenta con la Repubblica i trent’anni dall’ultima trasmissione di ‘Quelli della notte’ quando “c’era l’orgoglio di dire: facciamo buona televisione, buon cinema”. “Se pensa ai personaggi, erano tutte primogeniture. Ferrini è stato il primo leghista, si era inventato “il muro di Ancona” e con lui per la prima volta si metteva in
caricatura un comunista. Tortorella diceva: siamo diventati un partito di macchiette. “Quelli della notte” è irripetibile. Trovo attori che recitano benissimo ma recitano, è la differenza che c’è tra il jazz e il pop: nel jazz s’improvvisa, il pop si canta”. “Oggi per far ridere si fa televisione “contro”: si parla male, si fa satira per finire sui giornali, tutto costruito in laboratorio. A Quelli della notte , nato grazie alla complicità di Giovanni Minoli, tutto scaturiva dall’allegria e dall’umore del momento. La mia non era “tv contro” è sempre stata “tv per”.