È stato un pioniere della pubblicità in Italia e, ancor prima di entrare in politica, manager di vasta esperienza. Il senatore Vittorio Pessina, classe 1938, dallo scorso anno coordinatore di Forza Italia per gli italiani all’estero, conosce bene la forza della comunicazione e l’impatto che un messaggio, un simbolo, una candidatura ben supportata possono avere sull’elettorato. Lui, proprio per questo, comunica “senza filtri”, utilizzando i media, i social network ma soprattutto muovendosi sul territorio, anche tra gli italiani fuori da Paese che si sentono molto distanti dalla politica dei Palazzi.
Senatore, criticando il decreto Gentiloni del giugno scorso per come disegna il nuovo Cgie, con una distribuzione dei consiglieri definita “eurocentrica” dagli stessi deputati Pd, lei si chiedeva se davvero serve ancora il Consiglio Generale degli Italiani all’estero. Ormai però ci siamo, il 26 settembre si svolgeranno le assemblee Paese e verranno eletti i membri territoriali. Con voti consapevoli e politicizzati.
“Il mio pensiero a riguardo è molto critico nel senso che le funzioni del Cgie, nato diversi anni fa, sono diventate sempre meno importanti da quando è stata istituita la Circoscrizione estero, con parlamentari eletti dai cittadini italiani residenti fuori dal nostro Paese. Inoltre, essendo un organismo anche piuttosto costoso nel suo funzionamento, si può mantenere solo se viene modificata la composizione e le funzioni dei membri dell’assemblea. Riformato, allora sì può essere un’istituzione di complemento”.
Non trova che anche l’impegno dei parlamentari eletti all’estero sia spesso modesto se non inesistente? Nel caso della Spagna, senatori e deputati si fanno vedere, forse, prima delle elezioni e poi restano attivi solo in Svizzera, Germania o oltre Oceano.
“L’operosità di questi rappresentanti è inevitabilmente così modesta perché vengono eletti con un sistema elettorale che non è tra i più felici come procedura e non avviene in base a una selezione all’origine nei Paesi dove potranno essere eletti. Complice un sistema di brogli abbastanza diffusi, mi dispiace dirlo, la loro elezione spesso non corrisponde alla volontà e agli interessi dei connazionali che dovrebbero rappresentare”.
Dovrebbero invece essere attivi, presenti sul territorio per questioni che riguardano il lavoro, il commercio, il turismo, la cultura e il supporto ai residenti all’estero. Creando un’unità di intenti nell’interesse della comunità, al di là delle differenze partitiche.
“Certo, i problemi, le tematiche che deputati e senatori dovrebbero presidiare non sono così numerosi, ma sono vitali per gli italiani all’estero. Invece vengono seguiti, sviluppati in maniera marginale dai parlamentari della circoscrizione, che spesso disattendono a questa funzione coinvolti più nelle questioni di politica nazionale”.
Senatore, lei è impegnato a rilanciare il centrodestra all’estero, in tutte le sue varie componenti e viaggia spesso negli Stati Uniti dove incontra la collettività italiana. Quali risposte sta ottenendo in Europa? Ha trovato quelli che lei ama definire gli “emigrati rampanti” o i “nuovi italiani eccellenti”?
“In Europa cominciano a definirsi, però il problema è che a Roma non abbiamo ancora una struttura organizzativa, di riferimento nel partito, in grado anche economicamente di individuare e presidiare queste opportunità, attraverso viaggi, convegni, incontri culturali e politici. Entro l’anno sarà operativa. Al momento mi muovo di mia iniziativa e con contatti personali, con una struttura di comunicazione che informa della politica verso gli italiani all’estero. Devo dire che l’interesse politico si è risvegliato ed è grande: gli italiani all’estero sono quasi quattro milioni e mezzo e rappresentano un bacino potenziale di voti molto importante, più del 7 per cento. Insomma, quasi un partito di tutto rispetto. Solo che bisogna farli votare. Intervenendo sulle modalità delle votazioni, rendendole più semplici, più sicure”.
Può anticiparci il nome di questa struttura?
“Siamo indecisi ma credo che per il momento ci manterremo legati ancora a Forza Italia che è un simbolo, un’icona che resiste ed è molto conosciuta”.
Una domanda in conclusione, sempre sull’Assemblea del 26 settembre: non trova singolare che la Spagna elegga il suo consigliere Cgie, con il voto anche dei nuovi consiglieri Comites, quando dopo mesi solo uno dei due Comitati, quello di Madrid, è operativo mentre a Barcellona il nuovo Comites non prende forma, non ha sede, non può svolgere le sue funzioni?
“Non lo trovo logico ma rientra in quelle problematiche che ricordavo prima. È necessario rivedere le funzioni del Comites, aggiornandole alle nuove realtà che si sono formate all’estero, compresa la crescita esponenziale dell’ emigrazione dei nostri connazionali”. (Patrizia Floder Reitter)