“Dalla coltivazione al prodotto finito? Noi facciamo di più, partiamo dal seme, copriamo la filiera fin dall’origine”: Angel Sanchez, direttore generale di
Conserve Italia (prima lo era della spagnola Juver) , racconta con enfasi dei progressi del gruppo, un big alimentare nato sulla scommessa del rilancio della vecchia Cirio, l’azienda travolta dai falsi in bilancio, uno dei default più eclatanti del Belpaese. Cirio è stata rilevata nel 2004 da Conserve Italia e oggi è il principale marchio in portafoglio a questo consorzio di cooperative che associa 14mila produttori e trasforma 550mila tonnellate di materie prime tra frutta, pomodori e vegetali. «Quando l’abbiamo rilevata perdeva 14 milioni di euro, oggi è uno dei nostri attivi più importanti », spiega Sanchez. Tra i primi in Europa, Conserve Italia vende in 80 paesi del mondo. Nel portafoglio oltre a Cirio, ci sono brand come Valfrutta, Yoga, Derby. E se la Gdo resta il principale canale di vendita diretta alle famiglie, un brand, Jolly Colombani, è stato creato ad hoc per la ristorazione, altro importante canale di vendita e vetrina promozionale dell’industria alimentare. Anche Conserve Italia non è passata indenne attraverso la crisi, ma ha saputo reagire e ha chiuso l’ultimo bilancio, al 30 giugno 2014, lasciandosi alle spalle il rosso. Oggi il fatturato del gruppo è di circa un miliardo di euro. I risultati finali fanno registrare un utile sia a livello di capogruppo che di consolidato. Il debito è diminuito di circa 30 milioni e il patrimonio netto cresce di 12 milioni. L’ebitda della capogruppo è cresciuto del 20%. «Sul precedente bilancio avevano pesato molto la contrazione dei consumi, ma anche i danni riportati durante l’allagamento del nostro stabilimento di Albinia, Grosseto. Ora guardiamo avanti con maggiore serenità». Un risultato ottenuto mentre nei numeri di Iri-Infoscan sui volumi della Gdo, tutto ha il segno meno: succhi di frutta -4%, vegetali -3%, pomodori – 4,5%.
Come è stato possibile remare contro una corrente così avversa? «Abbiamo operato a vari livelli, dalle strategie commerciali alla riduzione dei costi, mettendo in campo un progetto complesso – spiega Sanchez -sessanta capitoli di interventi che hanno coinvolto tutti, dalla dirigenza ai soci che hanno apportato risorse fresche. In particolare la parola d’ordine è stata vendere meno per vendere meglio, spingendo sui prodotti e clienti con maggiori margini e valorizzando per i marcati esteri l’italianità del nostro prodotto». Linee di sviluppo che hanno portato alla dismissione del marchio De Rica, prima acquisito insieme a Cirio a fronte di acquisizioni più strategiche, come quella della spagnola Juver, numero uno dei succhi in Spagna, dove Sanchez era direttore generale prima di salire ai vertici della capogruppo. Con 12 stabilimenti, di cui 8 in Italia, 3 in Francia e uno in Spagna (Juver Alimentación a Murcia), Conserve Italia è il più grande trasformatore di ortofrutta in Europa, e dà lavoro a circa 2.000 addetti. Design, creatività: per un vestito si fa presto a cambiare stile. Ma come si fa a dare più appeal al packaging di una confezione di piselli, a un barattolo di pelati? Conserve Italia ha trovato la risposta: «Uno dei processi di innovazione per il mercato italiano è stato nelle etichette, che abbiamo reso sempre più complete di informazioni, per esempio specificando anche il “senza glutine”, mentre nel caso dei vegetali abbiamo indicato la regione di provenienza». Nuove referenze, nuovi formati. Questa è un’altra strada per l’innovazione che nei succhi di frutta ha fatto registrare a maggio +8,61% per i succhi di pesca, +7,49% per quelli di pera e +8,43% per l’albicocca. Un grande lavoro di innalzamento della qualità si fa anche nei campi. L’acquisizione di Terra Seed, società italiana specializzata nei semi, ha consentito di cominciare a gettare le basi dell’autonomia dalle multinazionali del seme per poter garantire la provenienza d’origine delle piante. Dallo screening varietale alla difesa della coltivazione per aumentare la redditività delle colture, la ricerca della qualità della materia prima consente anche di porsi al riparo dal maltempo. che quest’anno in Italia non ha risparmiato nessuno. Per le albicocche, per esempio, nonostante le grandinate, si è riusciti a ottenere le quantità programmate. Su questa base anche il marchio Cirio, dopo le sue disavventure, è riuscito a ritrovare il suo allure. Enfatizzato da una etichetta che, dal tricolore all’anno di fondazione, fa perno sul concetto di Made in Italy: «E’ il più esportabile dei nostri marchi, proprio per la sua italianità percepita, ed è in pieno boom in Usa, in Gran Bretagna, e ora anche in Giappone», racconta Sanchez. Le vendite all’estero complessive del gruppo sono cresciute dell’11%. (fonte: laRepubblica Economia).