Fondi europei per il vino a go go. Il paese che ha ricevuto più fondi è la Spagna: la cosa più scandalosa è che l’88% dei finanziamenti totali approvati per il periodo 2009-2011 è stato concesso a soli 6 gruppi, imprese con più di 750 dipendenti e un fatturato annuo superiore ai 200 milioni di euro. Un paradosso, considerato che è posto un tetto al fatturato e, soprattutto, che le misure dovrebbero essere indirizzate a sostegno delle piccole e medie industrie, proprio quelle che hanno maggiori difficoltà a esportare. In Spagna c’è la netta predilezione per le imprese già consolidate sui mercati stranieri. Ma anche negli altri paesi, compresa l’Italia questa risulta la principale tendenza. Non è un mistero che tante belle cantine d’autore italiane siano state finanziate con incentivi europei. Nel nuovo piano quadriennale i fondi per la Spagna sono stati limati. Invece sono cresciuti quelli per l’Italia: 334 milioni di euro.
A stappare l’argomento ci ha pensato Jansin Robinson, la più autorevole wine writer del mondo. Dalle pagine del Financial Times, Robinson ha segnalato qualche giorno fa che i sussidi al vino dell’Unione Europa per i produttori dei paesi membri sono saliti a ben 1,15 miliardi di euro per il periodo dal 2014 al 2018, con un incremento del 121% sul quadriennio precedente. Una cifra considerata dalla stessa Robinson eccessiva, quasi un ottavo del giro d’affari realizzato da tutti i produttori europei fuori dai confini Ue, che è pari a 8,6 miliardi di euro. Il vino sussidiato, sottolinea Robinson, non è mai stato visto con grande piacere dai concorrenti degli altri paesi che si sono trovati finora a competere con produttori europei che potevano contare su misure di sostegno al prezzo o addirittura pagati per mandare in distillazione la produzione di scarto o in eccesso. Il problema, più grosso, però, oggi è diventato un altro: spesso questi fondi vengono spesi mali o addirittura sono oggetto di truffe. In particolare succede da quando, a partire dal 2008, la stessa Unione europea ha deciso che questi fondi devono essere spesi per promuovere le etichette europee negli altri paesi fuori dal Vecchio Continente. Sprechi, spese non documentate, soldi dirottati verso attività non permesse, aziende sovvenzionate senza averne i diritti, sovrapposizione di incentivi: una vera e propria sbornia da finanziamento a pioggia. A lanciare il warning è stata la stessa Corte dei Conti europea, che a luglio ha realizzato una relazione speciale sul tema, dal titolo: “Il sostegno dell’Ue agli investimenti e alla promozione nel settore vitivinicolo è gestito in maniera soddisfacente e il suo contributo di competitività dei vini dell’Unione è dimostrato?”. Basta scorrere la relazione, per rendersi subito conto che la risposta alla domanda è un secco NO. Un giudizio negativo su tutto il fronte, a partire dal fatto stesso che esistano dei fondi ad hoc per il vino. Secondo la Corte dei Conti europea, infatti, «l’esigenza di una misura di investimento supplementare specifica per il settore vitivinicolo non è dimostrata in quanto già esisteva nell’ambito della politica di sviluppo rurale». Non a caso tra i fattori di spreco delle risorse figura nella relazione proprio la sovrapposizione di finanziamenti da fondi differenti, quelli rurali e quelli ad hoc per il vino. Insomma, un doppione. In piena spending review, con i tagli al welfare che colpiscono la popolazione più bisognosa in tutti i paesi membri, i produttori di vino vengono pagato per fare baldoria. Prendiamo qualche esempio: un beneficiario ha presentato una richiesta di 3.405 euro sotto la voce “viaggio di informazione per giornalisti, importatori, coordinatori di market nell’area di produzione del vino”, in realtà si tratta del costo di tre biglietti Vip per i campionati di tennis a Roland Garros, «che non si possono certo considerare azioni di promozione del vino», come commenta la Corte dei Conti europea. E ancora: tra il 2009 e il 2012 la Francia ha ottenuto 2,4 milioni di euro per promuovere lo champagne, un nome che è di per sé un brand, noto in tutto il mondo. Un tasto dolente è quello relativo ai criteri di selezione dei beneficiari e alla valutazione della reale corrispondenza del costo alle attività. la ragionevolezza del prezzo dei progetti. Sia che si tratti di spese di investimento che di promozione. Si scopre che in Austria e Francia la selezione ha funzionato così: ”primo arrivato primo servito”. In Austria, ancora, la Corte ha rilevato un finanziamento per una nuova linea di imbottigliamento concesso a una cooperativa in liquidazione.
Stipendi a personale già assunto da oltre dieci anni, copertura di spese di routine, copertura di spese comunque previste nel budget: quello stilato dalla Corte dei Conti europea è un vero bollettino di guerra. Sul versante delle spese per promozione, poi, il controllo diventa ancora più difficile, considerato che spesso si tratta di attività difficili da “misurare”. Tra le attività ammesse ai finanziamenti c’è anche la pubblicità. Agli inizi per i piccoli produttori era quasi un sogno vedere le proprie bottiglie o se stessi sui top magazine più famosi del mondo. Ma, come nota la stessa Robinson, visto che non si sono notati effetti di questa pubblicità, molti stanno mettendo in discussione la validità dell’advertising su questi magazine. E si valutano altre formule. Per esempio le degustazioni. Ma è difficile calcolare il valore effettivo, spesso attorno alle degustazioni si moltiplicano gli eventi, salgono le spese senza concrete ragioni. Non a caso Spagna, Francia, Italia e Austria spesso non hanno presentato fatture sufficientemente dettagliate riguardo alla natura delle azioni di promozione svolte. In genere un contratto globale di promozione. E basta. In Italia, poi, scrivono i revisori europei, gli stessi prestatori di servizi di promozione hanno presentato sistematicamente fatture globali generiche, senza alcuna documentazione di sostegno. Un fiume di denaro. Ma alla fine si è raggiunto almeno qualche risultato? Non sembra proprio, e considerate le premesse non stupisce. L’export è cresciuto del 64%, scrive la Corte dei Conti, ma non sembra sia dovuto all’impatto delle misure di incentivo. A far salire l’export di vino ha contribuito, invece, una serie di fattori esterni : l’aumento del potere di acquisto dei consumatori dei paesi terzi, i mutamenti delle condizioni commerciali internazionali, la produzione vitivinicola nei paesi terzi. Fa scuola la Cina, dove i consumi di vino stanno rapidamente salendo, per questa serie di fattori concomitanti. Ma la quota di esportazioni da Ue-27 dopo una impennata, sta ora rallentando. A riprova del fatto che l’export sia salito indipendentemente dai sussidi una importante rilevazione: a fronte di un incremento del valore assoluto, i vini esportati dalla Ue-27 hanno perso quote di mercato nei principali paesi terzi. Proprio quelli verso i quali erano indirizzate le azioni di promozione. «Questa perdita di quote di mercato deve essere analizzata dalla Commissione», raccomandano i revisori dei conti. La Commissione ha risposto alle critiche cercando di buttare acqua sul fuoco. Ma dalla lettura dell’audit emerge un’immagine tutt’altro che “promozionale” del settore. (fonte: la Repubblica)