“La Spagna usurperà il trono di “locomotiva europea” alla Germania. Questa frase appare tanto improbabile da far fatica a catalogarla come non sarcastica”. Così scrive Alessandro Proietti su International Business Times e aggiuge: “Quando poi veniamo a sapere che quel particolare giudizio è figlio di una nota settimanale rilasciata da Morgan Stanley sull’economia globale, viriamo sull’incredulo. Possibile che siano sfuggiti, ai più, pregi spagnoli talmente ampi da permettere alla penisola iberica di superare, nel medio termine, la grande Germania? Cosa ci è sfuggito? La Spagna, in cui i costi del lavoro unitario stanno crollando grazie a recessione e riforme ed in cui la performance dell’export è forte, è sulla buona strada per diventare la ‘nuova Germania’ dell’area euro” sostiene Joachim Fels, Global Head of Economics di Morgan Stanley. Poi continua: La Germania, aiutata dai bassissimi tassi di interesse, dai salari in aumento e dai crescenti prezzi degli immobili, vedrà la domanda interna crescere e la sua competitività deteriorarsi. Assecondando questa teoria, quanto tempo servirebbe alla Spagna per il fantomatico sorpasso? Tra i 3 ed i 5 anni, in accordanza con le tempistiche di recepimento delle riforme strutturali e fiscali. Ma il costo del lavoro non aumenterà, come ora in Germania, una volta che la situazione spagnola sarà migliorata? Non accadrà, secondo Fles, perché “il tasso di disoccupazione resterà alto per molti anni a venire”. Quali obiezioni si potrebbero portare a questo tipo di ragionamento? Moorad Choudhry, professore alla Brunel University, prova a fare il punto. “Sono più rilevanti la produttività e la posizione competitiva del [semplice] costo unitario del lavoro. Se così non fosse potremmo andare a guardare il costo medio di un dollaro al giorno del Bangladesh e concludere che questo soprasserà la Germania sul tavolo della ‘lega’ dell’export”. La Spagna, nonostante tutto, ha “otto o nove” maggiori debolezze da non sottovalutare. “L’economia spagnola soffre di ‘colli di bottiglia’ dal lato dell’offerta, di rigidità del mercato del lavoro, di una burocrazia soffocante, di pesanti perdite sui prestiti immobiliari ancora da inscrivere a bilancio delle banche e di un conto eccessivo per il welfare sociale. Per questo motivo io non arriverei a parlare della Spagna come di una ‘nuova Germania’ “. Per completare il quadro, poi, basterebbe ricordare gli “avvertimenti” fatti dalla Troika (Imf, Ecb ed Eu) circa alcune criticità spagnole quali “l’altissimo e crescente tasso di disoccupazione”, “la contrazione del Prodotto interno lordo” (-1.8% nel quarto trimestre secondo le previsioni) ed il fardello del debito. Nessuno sottovaluta i tiepidi segnali di ripresa spagnoli ma Fels continua convinto nella sua visione: “Ci sono ora prove tangibili a supporto di questa tesi; produttori di auto come Ford e Renault stanno trasferendo le loro produzioni in Spagna, per esempio”. La Ford ha annunciato, a tal proposito, che incrementerà la produzione a Valencia mentre chiuderà due stabilimenti in Inghilterra ed uno in Belgio. Stessa storia per la Renault a Vallaloid che ha dichiarato di voler aumentare la produzione ed il numero di addetti. Dulcis in fundo, lo scandalo politico spagnolo. L’ombra della corruzione ha portato una ventata di sfiducia sul Partito Popolare del Premier Rajoy. Secondo molti analisti questo particolare scandalo comporterà maggiori difficoltà per il Governo nell’ambito dell’attuazione del programma di riforme. Il “premio fiduciario” dell’elettorato è ormai sparito e ogni nuova mossa del Governo dovrà fare i conti con la sua calante popolarità. Tenace, Fels, non cede neanche su quest’ultimo aspetto e rilancia: “Vero, i discorsi e i titoli di Madrid sono stati dominati dalle accuse di corruzione contro il Governo la scorsa settimana. Tuttavia, chiunque io abbia incontrato [a Madrid] raramente credeva che questo [scandalo] avesse il potenziale per far cadere il Governo o per invertire il corso di policy”.