L’Italia è il Paese europeo che, dopo la Spagna, presenta la più forte esclusione dal lavoro dei giovani e l’unico con bassissime opportunità di occupazione regolare. Solo poco più di tre giovani su dieci lavorano con un tasso di occupazione del 33,8% tra i 20-24enni. Insieme ai giovani ad essere penalizzate sono anche le donne e gli abitanti del Sud con tassi di occupazione del 49,9% e del 47,8% rispettivamente. Questo quanto emerge dal primo Rapporto sul benessere equo e sostenibile, Bes 2013, presentato dall’Istat
in collaborazione con il Cnel, su una serie di indicatori che si affiancano al Pil per misurare il benessere di un paese. In generale il tasso di occupazione e quello di mancata partecipazione al lavoro, già tra i più critici dell’Unione europea a 27, sono ulteriormente peggiorati negli ultimi anni a causa della crisi economica. Il primo, nella classe 20-64 anni è sceso dal 63% del 2008 al 61,2% del 2011 mentre il tasso di mancata partecipazione è aumentato dal 15,6% al 17,9%. La crisi inoltre ha molto ridotto le possibilità di stabilizzazione dei contratti temporanei, soprattutto per i giovani (dal 25,7% del 2008 al 20,9% del 2011). Anche la presenza di lavoratori con bassa remunerazione (10,5%) e di occupati irregolari (10,3%) rimane sostanzialmente stabile negli ultimi anni, mentre cresce la percentuale di lavoratori sovra-istruiti rispetto alle attività svolte (21,1% nel 2010). L’Italia è il paese europeo che, dopo la Spagna, presenta la più forte esclusione dal lavoro dei giovani e l’unico con bassissime opportunità di occupazione regolare. Solo poco più di tre giovani su dieci lavorano con un tasso di occupazione del 33,8% tra i 20-24enni. Insieme ai giovani ad essere penalizzate sono anche le donne e gli abitanti del Sud con tassi di occupazione del 49,9% e del 47,8% rispettivamente. Questo quanto emerge dal primo Rapporto sul benessere equo e sostenibile, Bes 2013, presentato dall’Istat in collaborazione con il Cnel, su una serie di indicatori che si affiancano al Pil per misurare il benessere di un paese. In generale il tasso di occupazione e quello di mancata partecipazione al lavoro, già tra i più critici dell’Unione europea a 27, sono ulteriormente peggiorati negli ultimi anni a causa della crisi economica. Il primo, nella classe 20-64 anni è sceso dal 63% del 2008 al 61,2% del 2011 mentre il tasso di mancata partecipazione è aumentato dal 15,6% al 17,9%. La crisi inoltre ha molto ridotto le possibilità di stabilizzazione dei contratti temporanei, soprattutto per i giovani (dal 25,7% del 2008 al 20,9% del 2011). Anche la presenza di lavoratori con bassa remunerazione (10,5%) e di occupati irregolari (10,3%) rimane sostanzialmente stabile negli ultimi anni, mentre cresce la percentuale di lavoratori sovra-istruiti rispetto alle attività svolte (21,1% nel 2010). L’Italia è il paese europeo che, dopo la Spagna, presenta la più forte esclusione dal lavoro dei giovani e l’unico con bassissime opportunità di occupazione regolare. Solo poco più di tre giovani su dieci lavorano con un tasso di occupazione del 33,8% tra i 20-24enni. Insieme ai giovani ad essere penalizzate sono anche le donne e gli abitanti del Sud con tassi di occupazione del 49,9% e del 47,8% rispettivanmente. Questo quanto emerge dal primo Rapporto sul benessere equo e sostenibile, Bes 2013, presentato dall’Istat in collaborazione con il Cnel, su una serie di indicatori che si affiancano al Pil per misurare il benessere di un paese. In generale il tasso di occupazione e quello di mancata partecipazione al lavoro, già tra i più critici dell’Unione europea a 27, sono ulteriormente peggiorati negli ultimi anni a causa della crisi economica. Il primo, nella classe 20-64 anni è sceso dal 63% del 2008 al 61,2% del 2011 mentre il tasso di mancata partecipazione è aumentato dal 15,6% al 17,9%. La crisi inoltre ha molto ridotto le possibilità di stabilizzazione dei contratti temporanei, soprattutto per i giovani (dal 25,7% del 2008 al 20,9% del 2011). Anche la presenza di lavoratori con bassa remunerazione (10,5%) e di occupati irregolari (10,3%) rimane sostanzialmente stabile negli ultimi anni, mentre cresce la percentuale di lavoratori sovra-istruiti rispetto alle attività svolte (21,1% nel 2010).(fonte: affaritaliani.it)